Il Richiamo del Lupo – Anthony Ryan | Recensione

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Per quelli di noi che passano i loro giorni cercando di ricavare un significato dalla miriade di enigmi dell’esistenza, un dilemma essenziale rimarrà sempre irrisolto. Dovete capire che la vita dipende dalla morte. Perché una nuova vita possa prosperare, quella che l’ha preceduta deve perire. Il daino deve morire perché la tigre possa vivere, ma anche la tigre deve morire, in modo che non divori tutti i daini e i suoi cuccioli abbiano qualcosa da cacciare. Nella nostra arroganza, noi immaginiamo di essere al di fuori di questo ciclo. Non abbiamo forse creato meraviglie? Non abbiamo divinato il corso delle stelle e misurato il peso del mondo intero? Non ci siamo ammantati di questa concordanza di inganno e comodità che abbiamo scelto di chiamare ‘civiltà’? Sì, abbiamo fatto tutte queste cose, e tuttavia in pratica continuiamo a non essere diversi dalla tigre o dal daino. Perché sorga una nuova concordanza, una nuova civiltà, quella vecchia deve cadere, e lo farà.

Tra gli autori che più mi hanno conquistato negli ultimi anni figura sicuramente Anthony Ryan. Quando lessi la trilogia “L’Ombra del Corvo” rimasi molto colpito dal mondo creato dall’autore, tanto da desiderare assiduamente un seguito. Il buon vecchio Ryan sembra aver ascoltato ed esaudito le mie preghiere, infatti ha deciso di riprendere in mano la storia e proporre una nuova saga, intitolata “La Spada del Corvo”. Il primo volume, dal titolo “Il Richiamo del Lupo”, è stato da poco pubblicato per Fanucci Editore, mentre in America tra qualche mese uscirà il secondo capitolo (“The Black Song”). Prima di parlare nello specifico del libro, se non lo avete ancora fatto, vi invito caldamente a recuperare i tre libri che precedono questa nuova serie, sono necessari al fine di capire le dinamiche della storia.

Sono passati dieci anni dagli eventi narrati all’interno di “La Regina di Fuoco”, Vaelin Al Sorna, Signore della Torre, conduce una vita tranquilla, lontana dagli orrori della guerra. Nulla, però, è destinato a perdurare, una nuova minaccia sorge ad ovest, decisa a divorare il mondo intero. Vaelin, insieme a compagni vecchi e nuovi, è costretto ad abbandonare le Lande Settentrionali per dirigersi verso l’Estremo Occidente, vastissimo territorio governato dai Re Mercanti.

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Il punto di forza dell’intero romanzo è sicuramente Vaelin, indiscusso protagonista che seguiamo dalla prima all’ultima pagina. Incontrare nuovamente questo personaggio che tanto avevo amato è stato davvero piacevole, soprattutto grazie all’abilità di Ryan nel delinearne il carattere e la personalità. Il Vaelin che ritroviamo è un uomo maturo e saggio, forgiato dagli eventi vissuti dieci anni prima, ma non è quell’eroe privo di macchie che tutti pensano, egli convive con i demoni del suo passato, con l’ira, il dolore e il rimorso…arriverà per lui il momento di confrontarsi con se stesso. Lui è il classico personaggio da romanzo Heroic Fantasy anni ’80 e ’90, sottogenere del fantastico dove l’attenzione viene posta su un unico protagonista che si muove all’interno di un mondo variegato e magico, affrontando viaggi irti di pericoli e grandiose battaglie campali. Egli ha un’ indole propensa ad aiutare il prossimo, non è un antieroe, la sua condotta morale lo spinge a mettere davanti gli altri, a prendere decisioni che vanno contro la sua stessa persona pur di far del bene. Quando la situazione lo impone tuttavia sa essere brutale e spietato, ma non trae piacere dall’uccidere i suoi nemici. Vaelin incarna quel personaggio forte e debole allo stesso tempo, spaventato e rassegnato al destino che lo attende, ma pronto e determinato a caricarsi sulle spalle il destino dei popoli e sacrificarsi per esso. E’ interessante trovare e leggere un personaggio così caratterizzato, totalmente agli antipodi rispetto ai personaggi oscuri, immorali e ambigui che tanto vanno di moda oggi. Rispetto al Grimdark di Abercrombie e Lawrence, il protagonista di Ryan è mosso da emozioni e intenti positivi.

Vaelin fece del suo meglio per non fissarlo quando Erlin si alzò dal tavolo con i denti snudati in una smorfia, ma vedere il rapido sopraggiungere della vecchiaia in qualcuno che era stato senza età destò in lui un profondo senso di colpa. Ha perso il suo dono per un mio ordine, ricordò a sé stesso, con un rimorso che non era placato dalla consapevolezza che non c’era stata altra scelta.

I personaggi secondari purtroppo risentono di un romanzo dedicato interamente al protagonista e, nonostante abbiano un modo d’essere e un ruolo ben definiti, vengono delineati il minimo indispensabile. Da un lato troviamo un protagonista ben costruito e inserito nel contesto, dall’altro dei personaggi scarni, inseriti per essere funzionali unicamente alla trama. Personalmente avrei apprezzato una descrizione più profonda della loro indole, dei loro pensieri e delle loro motivazioni.

Per quanto riguarda la narrazione, è caratterizzata da un ritmo adrenalinico ed estremamente dinamico con tanta azione e pochi momenti morti. Le battaglie, i combattimenti e gli assedi sono vividi ed evocativi: possiamo sentire il cozzare delle lame, le grida di dolore e trionfo, l’odore della morte. Da questo punto di vista mi ha ricordato molto le descrizioni di Joe Abercrombie, estremamente dettagliate quando si tratta di menare. Nonostante ciò, Anthony Ryan non ci risparmia descrizioni di paesaggi, immense città e castelli sospesi tra le nuvole. Ho apprezzato molto le riflessioni fatte sul concetto di libertà, un’ideale illusorio per la maggior parte delle persone che, piuttosto che essere libere, preferiscono avere protezione e opportunità. All’interno del romanzo viene mossa un’aspra critica al fanatismo religioso, piaga sociale che annebbia gli individui e li porta a compiere azioni orribili. Lo stile fluido e raffinato garantisce una lettura scorrevole e leggera, capace di coinvolgere e intrattenere il lettore dall’inizio alla fine. Il libro termina con un cliffhanger pazzesco che, personalmente, mi ha lasciato sulle spine e in trepidante attesa del seguito.

Adesso Vaelin poteva sentire le preghiere da battaglia, con le parole nella lingua degli Stahlhast che sarebbero suonate stridenti all’orecchio anche nei momenti migliori e che diventavano ancora più sgradevoli e aggressive se urlate a piena voce da fanatici. Quando le scale cominciarono a essere sollevate, gli ufficiali ordinarono di scagliare di sotto pietre e olio, e ben presto le urla presero il posto delle preghiere.”

«Liberati, eh? Liberi di fare cosa? Di pagare le tasse alla loro regina? Di prestare servizio nei suoi eserciti quando lei lo ordina? Il mio popolo si è reso conto molto tempo fa che la libertà è un’illusione, un’idea che è meglio lasciare alle meditazioni dei filosofi. I miei sudditi non si aspettano da me la libertà, ma due cose più di ogni altra: opportunità e protezione.”

Personalmente ritengo Anthony Ryan un ottimo esponente del fantasy moderno che, riprendendo l’heroic fantasy più classico, ci fornisce un ottima storia sulle orme di questo genere. Non posso che concludere consigliandovi di recuperare e leggere quanto è stato tradotto in italiano dell’autore, secondo me ne vale davvero la pena.

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